Giuseppe Boschetti

La pittura dell’incanto

Giuseppe (Pino) Boschetti nasce a Santarcangelo di Romagna nel 1944.

Entra a pieno titolo far parte della grande famiglia dei pittori naifs nel 1980 in occasione della XIV edizione del rinomatissimo Premio Nazionale Arti Naives di Luzzara.

In quell’occasione viene dedicata a Boschetti un’intera “parete” espositiva mentre un suo dipinto (Il gelataio, del 1977) entra a far parte della raccolta del museo oggi intitolato a Cesare Zavattini. Tre anni dopo, sempre a Luzzara, la definitiva consacrazione con la vincita, per votazione popolare, dell’ambita medaglia d’oro messa in palio dalla presidenza della repubblica.

A questo stesso periodo risalgono tre grandi pitture (Teatro in piazza, 1978; Fiera di San Martino, 1979; Sera d’estate, 1982) pubblicate come manifesti delle importanti manifestazioni santarcangiolesi e quindi divenute giustamente note al grande pubblico. Opere di Boschetti compaiono pure in edizioni di narrativa e storia locale (è il caso di La stalla, del 1982 e di Pioggia, del 1988).

ubriachi

Autodidatta, già occupato nel pubblico impiego, Giuseppe Boschetti è pittore per vocazione naturale e travolgente passione; per istinto, per sensibilità, per atteggiamento, per cultura si direbbe un pittore autenticamente naif, se pure tale definizione (naif, appunto) ha ancora oggi un suo senso, aperta anch’essa, in ogni caso, a tutti gli interrogativi che stanno investendo i linguaggi espressivi del nostro tempo.

Ma come non riconoscere alla pittura di Boschetti quel carattere di semplicità e di pulizia, di candore e di sincerità, che appartiene alla grande tradizione naive e che qui si dichiara sostanzialmente attraverso il gusto primitivo del racconto.

Struttura “finita” e saldezza compositiva dell’ immagine, vivacità non naturalistica del colore, intenso e luminoso al tempo stesso, stesura pittorica larga e solida: sono queste alcune delle prerogative di stile con le quali Boschetti afferma la propria straordinaria vena narrativa.

vento

“La loro memoria è di ferro e ricorda il numero preciso di foglie che ci sono su di un albero” diceva Cesare Zavattini a proposito dei suoi amati pittori naifs.

Dalla memoria attinge direttamente anche l’inventiva del pittore santarcangiolese. Ed è quella di Giuseppe Boschetti memoria tanto tenace e resistente da consentirgli ogni volta di trasferire nel suo quadro dalla dimensione del “c’era una volta” (la vita paesana, la vita contadina, la vita domestica, le botteghe, i giochi, il circo, i musicisti, i personaggi caratteristici) non semplicemente la parvenza d’un ricordo, ma un accumulo incredibile di elementi reali, anche quelli più minuti e trascurabili.

Di certo in questa pittorica connessione tra passato e presente non c’è parvenza di rimpianto o velo di nostalgia.

Si potrebbe parlare, anzi, d’una finzione resa con calda bonomia, con sottile arguzia e perfino con qualche punta d’umorismo.

Così, come per magia, nel “teatrino” di Boschetti oggi si recita l’incanto della pittura.

Orlando Piraccini

10 Novembre 2006 / 28 Gennaio 2007
© 2012-2024 Fo.Cu.STutti i diritti riservatiCF / Partita IVA 02308610407
Privacy Policy   -    Cookie Policy   -    Preferenze Cookie   -    Credits