Incontro con Michele Baldini

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Alla Baldini…Ascoltare, conoscere, curiosare

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Giovedì 13 dicembre, ore 21

SONO STATO NEL BUCO DELLE STORIE 

(NFC edizioni 2018)

presentazione del libro di Michele Baldini

a cura di Debora Branchi e Sabrina Foschini

Sarà presente l’autore

 

Baldini Michele
Michele Baldini è nato a Milano nel 1960.
Le sue prime passioni sono state la musica e l’arte.
Nel 2002 ha pubblicato Rughe. Una poesia un disegno, PulcinoElefante (Osnago).

Nel 2005 si è trasferito a Poggio Berni, in provincia di Rimini e ha cominciato a seguire il laboratorio di pittura di Debora Branchi, grazie al quale ha esposto in spazi privati e pubblici, come l’ Accademia di Belle Arti di Bologna e il Museo della città di Rimini.

È stato inoltre protagonista del progetto Borse d’arte, e le sue vignette impiegate nella linea di t-shirt Secondo me siamo tutti matti, prodotta da Lacerba (RN), sono anche apparse nel film La pazza gioia di Paolo Virzì.

 

Dalla PRESENTAZIONE di Sabrina Foschini:

“Nel buco delle storie, nel frammento del discorso, nello strappo che confonde i lineamenti di un ritratto, nella pagina mancante che toglie il finale alla favola, lì dove qualcosa si interrompe, qualcosa manca, trovano posto la fantasia e l’invenzione spiazzante, ma allo stesso tempo mirata di Michele Baldini. Questo libro, che per la prima volta raccoglie parte della sua sterminata produzione grafica, è stato pensato come un taccuino di lavoro, una miscellanea di disegni, vignette, frasi lapidarie e battute caustiche ed è nato dalla volontà di riordinare un materiale formatosi spontaneamente, frutto di un’ispirazione fluente che sorge immediata, ogni volta in cui la penna o il pennello incontrano la carta.

Si tratta di un diario arbitrario, cronologicamente impreciso, che abbiamo messo insieme spulciando tra le pagine dei numerosi taccuini, che da diversi anni accompagnano la vita dell’autore come una musica costante di sottofondo. Michele ha sempre amato disegnare, sin da bambino la sua mano felice sapeva cogliere al volo i particolari delle cose e riprodurle senza esitazione, ma poi il suo percorso di formazione lo ha portato a scegliere la musica e lo studio del pianoforte. La pittura e il disegno sono riemerse in età adulta, e sopravvissute in qualche recesso della mente, hanno finalmente trovato terreno fertile, nel laboratorio di Debora Branchi, che ha saputo individuare e sviluppare le innate potenzialità espressive di Baldini. Il suo segno veloce, corsivo, quasi selvaggio fa pensare a quello di un graffitista metropolitano che si appropria di tutto lo spazio intorno, ma allo stesso tempo dialoga con un paesaggio interiore fatto di parole in libertà, di battute fulminanti, dettate dall’ironia surreale, da una logica a metà strada tra la filosofia e lo sberleffo. Le parole si sciolgono come ghiaccio al sole e io mi trasformo in un gatto che fa le fusa ad un pappagallo che ripete: andiamo a lavorare, andiamo a lavorare, nelle fabbriche, nei campi, nelle vignette. Proprio le parole, scaturite dalla stessa penna o pennarello con cui disegna “alla prima”, senza cancellazioni o possibilità di ritorno, sono un elemento imprescindibile della sua opera grafica e Michele nei suoi quaderni, sembra davvero registrare la trascrizione originaria di un pensiero che si muove indisturbato, tra frasi e immagini, attingendo allo stesso bacino d’ispirazione. Non possiamo dimenticare che le lettere dell’alfabeto sono innanzi tutto dei segni e così le parole che compone, nascono per istinto come le sue figure disegnate, o le sue vignette disposte per botta e risposta, tra sagome che rappresentano lo stesso individuo. Nelle vignette in particolare va in scena un dialogo che si direbbe allo specchio, a volte esilarante, a volte assurdo oppure poetico, come quando alla domanda di Che cosa ti manca? l’uomo dall’altra parte risponde: Un tulipano. La battuta finale. che chiude la breve partita a tennis di questa conversazione è sempre folgorante, fatta di un’ironia sottile, a volte definitiva, un corto circuito che blocca ogni possibilità di replica e strappa sorrisi amari, moti di sorpresa, o vere risate. Tra i suoi disegni incisivi e senza freni spicca poi, la figura di un personaggio maschile, quasi un autoritratto, un avatar a fumetti, una caricatura allo stesso tempo divertente e impietosa, che spesso tiene in mano un fiore come un innamorato alla fermata del treno. La chiostra dei denti in evidenza, sfoggia un sorriso più sarcastico che bonario e il segno continuato con cui è tratto, dimostra sicurezza e abilità, la consuetudine a voler dare evidenza a un’idea o ad un sentimento improvviso. Il mio pensiero è un pappagallo furbo che armeggia nel niente, come Biancaneve che ha ucciso il lupo cattivo nello scantinato. Sembrerebbe davvero che Michele nel suo periodo di “silenzio” delle immagini, quando la sua attenzione era rivolta alla musica o allo studio, abbia accumulato un bottino colmo di simboli e di suggestioni, un patrimonio razziato quasi senza intenzione, dal mondo della pubblicità, dei cartoon, del fumetto, della street-art, dell’enigmistica, del giornalismo, del teatro… Non può esistere arte naif quando si è attraversati e permeati dall’ondata immaginifica, che il mondo dei media riversa nei nostri occhi e nel nostro inconscio, così lo sguardo di Michele è profondamente nutrito da innumerevoli stimoli artistici che sarebbe inutile cercare di rintracciare. La felice noncuranza con cui agisce e crea, conferma soltanto la spontaneità di un disegno non programmatico, di una vena artistica non funzionale o finalizzata all’esposizione e al mercato. Si tratta di una esigenza prepotente di espressione, che a volte, per contrasto, si fa vincere dalla pigrizia e che invece quando è lasciata libera emerge con facilità estrema, con l’urgenza di un pentolone che ribolle e che pieno fino all’orlo tracima, oppure vonta come si direbbe in romagnolo. Da questa inondazione fuoriesce un universo di segni e disegni, di parole malinconiche o allegre, di sagome indistinte o di volti fortemente caratterizzati, che hanno un’impronta originale, uno stile che porta nettamente il suo nome.”

 

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