La collezione di burattini del Museo Etnografico, appartenuti alla Famiglia Salici-Stignani (burattinai attivi tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento) e donati a Santarcangelo da Tinin Mantegazza negli anni ’90 del secolo scorso è costituita prevalentemente da burattette, considerate un anello di congiunzione tra burattini e marionette. A completare questo importante patrimonio, oltre ai numerosi fondali scenografici, cartonaggi, attrezzature, oggetti, anche 328 vestitini, appartenuti sempre alla Famiglia Salici-Stignani e donati al Museo nel 2003 da un privato cittadino.
Grazie al finanziamento regionale, attraverso l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, la collezione, tra il 2006 e il 2012, è stata sottoposta a un importante intervento di restauro: il restauro dei burattini e burattette stato eseguito dal Consorzio Tela di Penelope – Museo del Tessuto di Prato, mentre l’intervento sui vestitini è stato eseguito dalla Ditta Archè di Carpi.
“Burattini e marionette mi sono stati consegnati racchiusi in tre grandi scatole di cartone, dove ogni personaggio era avvolto in una sottile carta bianca che li rendeva tutti somiglianti a bozzoli di baco in attesa della metamorfosi o, più prosaicamente, a piccoli funebri sudari.Il momento della sbozzolatura, ossia del togliere le bende alle piccole mummie, è solenne. La lacerazione della carta porta in luce, l’uno dopo l’altro, volti dagli occhi sgranati, attenti, alcuni allucinati, imbellettati, il corpo perfettamente vestito: non ne avevo mai veduti da così vicino.Ciò che appare – sebbene immobile – sprigiona una sorta di energia occulta, una forza impressa per anni e anni in quei “fantocci lirici”: è palese il tentativo arcaico di verosimiglianza con l’umano, e l’impressione che ne viene è la stessa che si prova davanti a un corpo inanimato o, per meglio dire, morto.Osservando e maneggiando queste goffe e al contempo eleganti imitazioni dell’umano, mi ha sorpreso l’estrema cura nel dettaglio degli abiti, la ricercatezza dei tessuti, degli accessori. A volte, la vestizione comprende biancheria o sottogonne che sarebbe impossibile vedere sul palcoscenico, semmai forse nell’intimità del guardaroba.Muovendo da queste suggestioni, nell’allestire la mostra mi sono focalizzato sul burattino/marionetta quale opera d’arte, soffermandomi a osservare da vicino le fattezze e i preziosi addobbi di questi attori in attesa. Estraniati dal loro naturale contesto di fondali coloratissimi e suggestivi, dall’ambito drammaturgico delle loro vicende, divengono essi stessi portatori di storie”.