Un nuovo tesoro presto al Musas

L’11 novembre 1936, nel corso dei lavori di demolizione di una palazzina ubicata in via Cavour 23-25, il signor Piero Rubboli, proprietario della casa, rinvenne sotto una mattonella della pavimentazione un sacchetto di juta al cui interno era conservato un tesoretto di monete in mistura di bronzo e stagno, per la gran parte quattrini. La prima, parziale dispersione del gruzzolo venne interrotta, consentendo anzi il recupero quasi integrale del nucleo originario, dall’intervento del professor Guido Achille Mansuelli, allora giovane studente, che prese in consegna “kg 1,390” di queste monete e ne comunicò la scoperta al Soprintendente di Bologna, dando avvio a quella serie di atti giuridici che consentì allo Stato e al Comune di Santarcangelo di acquisire definitivamente il tesoretto, dopo aver pagato al sig. Rubboli un premio di rinvenimento pari a 500 lire.

Incerto è il numero dei pezzi costituenti il gruzzolo: 2091 nella relazione; 2097 quelli attualmente depositati presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna; 2279 quelli ricavabili da una relazione del prof. Mansuelli: in realtà, l’inventario riconduce al numero originario di 2091.
Di questi, oltre il 90% è rappresentato da quattrini; per poco meno dell’8% si contano sesini, anch’essi in mistura, il resto è costituito da nominali differenti, tutti però nella medesima lega
ad eccezione di un esemplare isolato, una moneta d’argento del valore di 5 bolognini, che si discosta dal resto del nucleo anche per la cronologia.

Le monete appaiono tutte molto consunte: la lega scadente e la estrema sottigliezza dello spessore hanno certamente agito sul degrado, ma nondimeno esse denunciano una fitta circolazione in un ambiente di modesta portata economica, se per gli scambi in denaro erano sufficienti mezzi di così basso valore di acquisto, corrispondenti presumibilmente ad una società
contadina di povera condizione, incapace di agire su scambi commerciali di forte rilevanza economica. Le zecche rappresentate sono numerose e riguardano le attuali regioni Marche, Lazio,
Emilia, Veneto, Lombardia, Toscana e Piemonte; prevalgono nettamente le emissioni marchigiane, seguite da quelle del Lazio; pochi sono gli esemplari dell’Italia settentrionale e della
stessa Toscana, ma percentualmente modesta è anche la documentazione superstite dell’Emilia, di cui sono rappresentate le zecche di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio e Parma. Interessante è anche la totale assenza di nominali delle zecche romagnole tra cui, seppure per un periodo di tempo limitato rispetto a quello coperto dal gruzzolo, erano rimaste o divennero attive quelle di Forlì, Ravenna e Massa Lombarda.

Circa le autorità emittenti, il tesoretto copre le coniazioni di tutti i papi a partire da Leone X (1513-1521) fino a Clemente VIII (1592-1605), comprese quelle corrispondenti ai mesi durante i quali la Sede Papale rimase vacante: le monete pontificie corrispondono a loro volta all’80% dell’intero nucleo; il resto è suddiviso tra 23 differenti emissioni tra cui quelle delle casate degli Este, Gonzaga, Della Rovere, Montefeltro, Sforza, Farnese e dei Dogi di Venezia. La datazione del complesso si pone tra il 1489 e il 1605, con un progressivo aumento nella percentuale dei pezzi di mano in mano che ci si avvicinaavvicina alla data del nascondimento: il picco degli esemplari si colloca tra il 1572 e il 1605 (in totale, ben 1498 monete su 2091), a rafforzare l’ipotesi che nel gruzzolo debba riconoscersi un taglio sul circolante, vale a dire che esso sia il frutto del ricavato di una vendita o di un accantonamento in vista di un imminente acquisto.

Come si vede, il tesoretto di Santarcangelo offre numerosi spunti di riflessione di carattere storico, economico, politico e commerciale su cui si dovrà riflettere nella fase di studio sistematico e dettagliato; un altro e non secondario elemento su cui concentrare l’attenzione, quell’argento da 5 bolognini molto lontano dal gruzzolo anche per la datazione: non più il XVI secolo/primi anni del XVII, ma gli anni tra il 1730 e il 1740, durante i quali la Sede pontificia era occupata da papa Clemente XII: la moneta compare già nell’elenco del prof. Mansuelli, e dunque sembrerebbesin dall’origine pertinente al tesoretto: su questo dato dovrà tuttavia concentrarsi l’indagine futura, dal momento che la sua presenza rende incerte le valutazioni relative alla datazione e alla natura dell’intero complesso. La soprintendenza ai Beni Archeologici di Bologna ha predisposto l’avvio di una campagna fotografica, al fine di una corretta inventariazione del tesoretto, che sarà esposto al Museo Storico Archeologico.

Maria Luisa Stoppioni

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